I giorni passano e i numeri sul contagio sembrano non abbassarsi, anzi. Insieme al contagio da virus però c’è anche un’altra forma di contagio: la paura, sempre più diffusa, esacerbata anche da comunicazioni, su vecchi e nuovi media, sempre meno rassicuranti. Una sorta di contagio invisibile che merita comunque molta attenzione. Da studiosa di psicologia e di emozioni ho voluto #farelamiaparte e dire la mia sul tema del Contagio da Paura e dello stile di Comunicazione più appropriato.
Il contagio da paura è un fenomeno che nasce con uno scopo nobile: permettere la sopravvivenza della specie. Non è un fenomeno squisitamente umano tutt’altro, lo si può osservare in moltissime specie animali. Immaginate per esempio un branco di antilopi nella soleggiata savana che improvvisamente si ritrova nelle vicinanze un leone con non proprio le migliori intenzioni. Che cosa accade? Un’antilope, magari la prima che nota il nefasto evento, si ferma e lancia un urlo di segnale per tutte le altre amiche del gruppo che, insieme a lei, cominciano a scappare freneticamente cerando di mettersi in salvo. Beh, non dobbiamo scomodare gli animali: succede anche a noi uomini.
E’ normale. Non siamo fatti male. Il cervello ci protegge dai pericoli e dai presunti tali e, ormai, è talmente tanto bravo che lo fa in maniera inconscia, senza che ce ne accorgiamo neanche. Arriva prima la re-azione rispetto al pensiero lucido perché per proteggerci dai pericoli abbiamo bisogno di essere immediati e veloci; non possiamo avere il tempo di capire se effettivamente quel leone sta venendo verso di noi, se ha buone intenzioni, quanto ci metterà per arrivare, etc …. No! Abbiamo imparato a reagire e subito. La responsabile di queste reazioni è una cosina racchiusa nelle zone più profonde del nostro cervello: l’amigdala. Una sorta di interruttore della paura che appena riceve un segnale di pericolo si attiva, molto rapidamente e produce risposte di vario genere (fuga, spavento, ritiro sociale, combattimento).
Come dicevo, succede anche a noi, persone. Ricordate la psicosi da attentato degli anni passati cosa generava? Seguitemi: in piazza per un concerto, un/a ragazzo/a percepisce un pericolo e si spaventa, reagisce cominciando ad urlare; intorno a lui, senza neanche sapere il perché, anche gli altri cominciano a urlare allo stesso modo se non peggio perché intanto l’emozione collettiva si è amplificata e… boom! La paura corre tra e nelle persone, e il contagio è partito. Beh, in questo caso non è solo questione di risposta ad un pericolo, non trovate? Qui si va oltre. Sapete perché? Le persone non sono scappate da uno stimolo pericoloso (o presunto tale, ripeto) ma… hanno emulato il comportamento delle altre.
Il gruppo ha fatto proprio ed amplificato la paura percepita del singolo individuo.
Amplificato perché come gli animali anche per noi è normale, perfettamente, essere sensibili e recettivi alle emozioni dell’altro, nel bene e nel male. Ma soprattutto nel caso della paura: c’è proprio un’area corticale preposta che si attiva non appena percepiamo nell’altro uno stato di paura, è la zona ACC (corteccia cingolata anteriore) che ci consente di: ° comprendere immediatamente che nel gruppo qualcuno ha paura; ° decidere di conseguenza per la nostra sopravvivenza. (paper QUI)
Questo spiega il contagio da paura. – Se tu hai paura sono programmato per avercela anche io – E’ una risposta immediata e inconscia; ciò significa che una volta che si è innescata la prima reazione di paura (es. ad un evento pubblico sentire un colpo, immaginare che sia uno sparo, e iniziare ad urlare) gli altri non perderanno tempo a capire cosa è successo, da dove viene e perché ma cominceranno a fare affidamento alle reazioni degli altri e a scappare, urlare, anche loro. Il contagio da paura tra l’altro non richiede che si sia necessariamente tutti insieme in piazza o, più generalmente, presenti nello stesso posto: basta essere esposti alle stesse fonti di informazione come la TV o lo stream di Facebook che il virus della paura è partito.
Ora, questi sono i nostri meccanismi automatici, ma noi, oggi, nel 2020, possiamo fare qualcosa per mitigarli. Il contagio da paura è un fenomeno sociale oltre che neuropsicologico per cui proviamo a capire che tipo di comportamenti possiamo mettere in atto per preservare noi e il nostro gruppo.
- Hai mai fatto caso a come parli della situazione coronavirus? Che registro comunicativo usi? E il tuo paraverbale? Gli studi hanno dimostrato (QUI) che in situazioni di pericolo o potenzialmente soggette a contagio da paura essere in presenza di una persona calma e rassicurante può interrompere la catena di emulazione della paura degli altri. Al di là di ogni schieramento politico, avete notato lo stile di comunicazione del premier Conte in questi giorni? Fateci caso. Questo tipo di modellizzazione della sicurezza è molto importante in situazioni in cui si rischia escalation della paura: serve impostare un tono e un atteggiamento che rassicuri e che tra le righe ti dica “andrà tutto bene”.
2. Lo sappiamo, le azioni pesano più delle parole; non solo, deve poi esserci una sincronia tra ciò che si dice e ciò che si fa. Per esempio: spiegare alle persone che sono in salute che non serve indossare una mascherina ma indossarla, incute insicurezza, ambiguità e timore. Non solo: genererà un aumento delle vendite delle mascherine perché le persone crederanno più a ciò che fai (“indossi una mascherina e non mi prendi in giro dicendo che non servono!”). Dire che non c’è alcun pericolo ma cominciare a correre comunque…. Chiaro, vero? 3. Detto ciò, non dobbiamo dimenticare che le parole hanno comunque un peso. Istruzioni chiare e assertive basate non tanto sulla descrizione della situazione ma SUL COSA FARE. Quando si è sotto stress le nostre capacità intellettive si abbassano, siamo poco inclini (e capaci, proprio) di elaborare informazioni troppo complicate o lunghe: poche parole ma più focalizzate. L’evoluzione ha portato le persone a lasciarsi contagiare dalla paura per questioni di sopravvivenza ma oggi, nel 2020, siamo in grado di andare oltre. Abbiamo altri strumenti, più sofisticati, per evitare di generare psicosi di massa. Lavoriamoci insieme.
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